Cartolina del Porto di Maratea

Cartolina del Porto di Maratea

Scorcio della spiaggia vista dalla timpa

Spiaggia del Porto di Maratea

Spiaggia del Porto di Maratea

Bagnanti sulla spiaggia visti dalla rotonda

Spiaggia del Porto di Maratea

Spiaggia del Porto di Maratea

Vista dellla spiaggia dalla rotonda nel mese di giugno

Spiaggia del Porto di Maratea

Spiaggia del Porto di Maratea

Bagnanti sulla spiaggia vista dal principio della strada per Fiumicello

Spiaggia del Porto di Maratea

Spiaggia del Porto di Maratea

Mese di agosto con turisti e capanne per le barche

La canonica

La canonica

Scorcio della spiaggia visto dalle spalle della canonica della chiesa di Portosalvo.

Porto di Maratea

Porto di Maratea

Vista dal mare fine anni 50

Spiaggia del porto

Spiaggia del porto

Spiaggia del crivo e grotta di \\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\"monacelli\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\"

A Scola

A Scola

Sede della scuola elementare anni 40 del porto con insegnante \\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\'A maestra ì Gnaziu

Spiaggia del Porto

Spiaggia del Porto

Foto della spiaggia presa dal molo in costruzione agli inizi degli anni 60

 

L'idea

 

L’intento con cui nasce e, si spera, si svilupperà questo sito è quello di unire alle discrete facoltà delle nostre memorie personali la speranza di condividere, con chi ne sente come noi il bisogno, le esperienze passate, i ricordi e le testimonianze attraverso le quali porre argine alla inesorabile liquefazione della civiltà marinara di Maratea.

Fermare, anche solo attraverso il web, la fine dichiarata di un mondo che non c’è più e cercare di trasmettere nuovo impulso almeno al consolidamento di una memoria storica condivisa è il nostro immodesto obiettivo. Così, prendendo in prestito le parole di Guillaume Faye, potremmo dire che anche nella nostra società “l’uomo si è via via snaturato, perdendo il contatto con il mondo fisico, con il fuori-di-sé e con sé-stesso, appare sempre più un universo senza storia, senza radici, economicista ed anonimo, in seno al quale relazioni astratte, contrattuali, calcolatrici civiltà costituiscono i legami viventi, affettivi, storici, politici che fondano i popoli”. Per questo il recupero di uno “spirito arcaico, cioè premoderno, …che restauri valori ancestrali, quelli delle società di ordine(i)” è elemento fondamentale per iniziare la sfida per la conquista di quel futuro altrimenti precluso alla speranza dalla palude sociale che ci attanaglia.

E noi, pur consapevoli dell’inarrestabile quanto rapido evaporare di quel mondo di relazioni che trasmetteva oralmente i valori e il sapere, vogliamo offrire il nostro contributo a salvare il salvabile di quella civiltà marinara che, almeno fino a metà anni ’70, si è tramandata da secoli. Non siamo sicuri che le prossime generazioni di portaioli avranno in dote la conoscenza dei luoghi, la padronanza di un dialetto marinaresco ricco di termini e significati, la dimistichezza in mestieri ormai in disuso. Né siamo sicuri che fra venti, trent’anni, scomparsi i testimoni diretti di tante storie, un nome, un luogo, possa suscitare un ricordo, un pensiero a come eravamo e, soprattutto, chi eravamo; ma per capire dove possiamo andare è necessario sapere chi siamo stati e comparare questo con ciò che siamo adesso e quello che desideriamo essere.

Quindi solo se non consideriamo la Tradizione come una venerabile reliquia e la memoria storica come mero esercizio mnemonico ed operiamo attivamente quella forma di resistenza collettiva alla morte propria del tramandare, possiamo dire di non appartenere a quella generazione a cui Pessoa notò di appartenere: “generazione che ha perduto tutto il rispetto per il passato ed ogni credenza o speranza nel futuro. Viviamo perciò il presente con la fame e le ansietà di chi non ha altra casa.”

Ecco, allora, l’obiettivo di queste pagine: lasciare aperta una porta, la porta di quel fondaco tante volte varcata in gioventù, da cui si entrava in un mondo fatto di fatica e ingegno, sudore e vàsuli chiatràti e ùmmiti.


‘U Spagnolu

Non sacciu

chi t’appìvita fa’

chidda lambretta russa.

Fors’ ‘a piglièsti

pi’ ‘nu motorìnu:

avìsa cangià marcia

e ‘nveci ‘a purtàvisi

com’ a Gennarìnu*.

Non so

cosa ti fece

quella lambretta rossa.

Forse la scambiasti

per un motorìno:

dovevi cambiare marcia

e invece la guidavi

come Gennarìno*.

* alias Mast’arricu ‘i bifarèddu possessore di un motorino monomarcia.

‘U scungìgliu

“No gghì scàuzu ncoppa ‘a rena cucénti”

dicìviti nonna mia pe cunzìgliu….

Ma ìu, mannaggiasantunènti

futtìvi ‘u pedi ncoppa a ‘nu scungìgliu…

“Non andare scalzo sulla sabbia cocente”

disse nonna mia per consiglio….

Ma io, mannaggiasantoniente

misi il piede sopra uno scungìgliu…

* murice spinoso

‘U Portu

‘U Portu, ‘i sira

pari ‘na canìscka

stracquata ‘mbradimàri.

Di notti,

è ‘nu guagnùnu appisuliàtu:

‘a capu nu Crivu

e i pedi ‘na Racìa.

L’alba, nu Portu

è ‘n’ ausciàta frisca

da ‘rretu San Biase.

‘U Portu, ‘a matina

è ‘na mbriacàta ‘i luci

ch’ adduri di frischìzza.

‘U mezzujùrnu

è ‘nu vracéri attizzàtu

di preti vuddénti.

‘A cuntrùra po’

veni sempi cu’ picundrìa:

sfatta di sonnu

e sudata fridda.

Sempi torni lla sira

e i prudi di’ varchi

tòrninu a bbivi mbradimàri.

Il Porto di sera

sembra una verdesca

spiaggiata sul bagnasciuga.

Di notte,

è un bambino appisolàto:

con la testa al Crivo

e i piedi alla Racìa.

L’alba, al Porto

è un soffio fresco

da dietro San Biagio.

Il Porto, la mattina

è una ubriacatura di luci

che odora di freschezza.

il mezzogiorno

è un braciere attizzato

di pietre bollenti.

La controra poi’

viene sempre con svogliatezza:

sfatta dal sonno

e sudata fredda.

Sempre torna la sera

e le prue delle barche

tòrnano ad abbeverarsi in riva al mare.

Il fantasma del Porto

Maratea, luglio 1963

Da qualche anno, una colonia di villeggianti senisesi si ritrovava puntualmente sulle scogliere di Maratea per trascorrere il mese di luglio al mare. Nonne, nipotini, mamme e bambini si godevano la quiete del porto, scandita da ritmi precisi e costanti: il bagno, il sole di mattina, riposo e passeggiata verso la piazzetta del Gesù di pomeriggio. La sera tutti sulla rotonda sul mare non per ballare, come recita la bella canzone dell’epoca di Fred Bongusto, ma per ritrovarsi, per chiacchierare, per raccontare le storie di tutti i giorni, accovacciati sui gradoni della pista. Il tutto si consumava in un clima di grandi risate, di gioia, di serenità a cui faceva eco il fragore delle onde che si infrangevano tumultuose sugli scogli. La gente di mare sembrava tollerare il “dolce disturbo” di quel vocio che a volte superava il rombo del mare. Ma una bella sera… mentre il rito si ripeteva, all’improvviso si levò dagli scogli un fantasma avventandosi verso la compagnia che fu talmente spaventata da rinunciare per moltissimo tempo a ritrovarsi sulla pista…

‘U ‘ncantu

‘Nnand’ ‘u purtùni ‘i Zù Mònacu,

maje cchiù tardi d’ ‘i cincu e mmezu,

Ciccìllu ‘a portaiola e ’i tridicicòcci

diriggìti ‘u ‘ncantu pa festa d’ ‘a Madonna.

“Le signore e signorine del Porto centomila….centomila e uno…e due”

facì Ciccìllu tridicicòcci.

“Centoventimila” ..gridàvi Vicenza ‘i pulàcca.

“Le signore della Panoramica centoventimila” “…centoventimila e uno…e due”

facì Ciccìllu cu tempu justu.

“ Centocinquantamila ” cu voce gentile, ma sckattancòrpu,

dicì Tetèlla.

“Le signore e signorine del Porto centocinquantamila….” “centocinquanta e uno..e due..e tre.

‘U Cori ‘i Ggesù alle signore e signorine del Porto…”

sintinziàviti Ciccìllu.

Ni sett’ ‘a sira, ‘na botta scura.

Da ‘nnand’ ‘u purtùni ‘i Zù Mònacu

Padre Raffaele Salerno da Foggia

purtàviti ‘a prucissiùni megliu ‘i ‘nu Papa.

Davanti al portone di zù Mònicu,

mai più tardi delle cinque e mezza,

Ciccìllo ‘a portaiola e ’i tridicicòcci

diriggeva l’incanto per la festa della Madonna.

“Le signore e signorine del Porto centomila….centomila e uno…e due”

scandiva Ciccìllu tridicicòcci.

“Centoventimila” ..gridàva Vicenza ‘i pulàcca.

“Le signore della Panoramica centoventimila” “…centoventimila e uno…e due”

scandiva Ciccìllu col tempo giusto.

“ Centocinquantamila ” con voce gentile, ma dispettosa,

diceva Tetèlla.

“Le signore e signorine del Porto centocinquantamila….” “centocinquanta e uno..e due..e tre.

Il Cuore di Gesù alle signore e signorine del Porto…”

sentenziava Ciccìllo.

alle stte di sera un petardo.

Davanti al portone di Zù Mònacu

Padre Raffaele Salerno da Foggia

guidava la processione meglio di un Papa.