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Le donne del Porto

Le donne del Porto

Sono stato “rimproverato” per non aver dato alle donne del Porto, nei racconti della sezione “la vita del borgo”, il risalto che meritavano. Per la verità “l’argomento” è stato trattato nella pubblicazione con il titolo: “le donne dei marinai” nella sezione a loro dedicata; questo ha potuto far pensare che avessi considerato queste donne in secondo piano rispetto ai loro mariti. Messo a parte il fatto che questa considerazione non mi ha mai minimamente sfiorato e che non è mai stato mio intendimento far trasparire neppure una sensazione del genere, a pensarci bene, il borgo, fra gli anni fine ’50 e inizi ‘70 era popolato da diverse famiglie le cui donne non necessariamente erano madri e/o mogli di marinai. A riprova di questo basta leggere l’articolo sopra citato, unitamente a quello sui “libbani” per rendersi conto quale fosse il “peso specifico” di ognuna delle donne del Porto e del giusto risalto loro tributato.

Aneddoto (di Tania Formica)

Volentieri pubblichiamo un aneddoto inviato da Tania sul giorno della nascita del padre Saverio che, come tante altre testimonianze contenute nella sezione “la vita del Borgo”,dà l’esatta sensazione di nu munnu ca no ngè cchiù.
Era il 26 settembre del 1937 e le onde di una mareggiata si rincorrevano sulla grande spiaggia del Porto,in una casa affacciata sull’arenile (dove adesso c’è il ristorante Za’ Mariuccia) Tanella, in travaglio, veniva assistita nel parto dalla mammana (la levatrice) za’ Rusina. In serata venne alla luce un bel maschietto al quale venne dato il nome Saverio. In realtà si sarebbe dovuto chiamare Salvatore ma gli fu imposto il nome dello zio (vedi nella sezione storie “Cardinali”) annegato mentre salvava alcuni ragazzi del Porto durante una forte mareggiata.
Sopraggiunto il buio della sera, zà Rusina fu invitata a pernottare al Porto e,la mattina dopo, salita “na Chiazza”, si recò in Municipio a dichiarare la nascita del bambino. Come spesso accadeva a quei tempi,non si badò al giorno esatto della nascita ma venne registrato quello in cui fu dichiarato il lieto evento: come se mio padre fosse nato due volte.

Don Pietro

 

Nella vita del borgo del Porto di Maratea, abbiamo scritto, sia io che Aldo Fiorenzano,di vari personaggi carismatici che hanno attraversato la nostra giovinezza lasciando in noi,e non solo, ricordi indelebili . Sono venute cosi le storie di Padressalerno, l’Ingegnere, L’Architetto ecc. Pur con colpevole ritardo voglio ricordare adesso una figura che sicuramente trova la sua collocazione tra quelle che ciascun Portaiolo e/o Marateoto, parlando degli anni cinquanta – settanta, non potrà mai dimenticare. Sto parlando del dott. Pietro Mazzei, fu Francesco e Antonietta Santoro de Visco, nato a Maratea il 2 giugno del 1907, che per tutti era “don Pietro”.

i Libbani (corde vegetali)

I Libbàni (corde vegetali)

Nella narrazione della vita del borgo del Porto di Maratea, mancava, anche se ne avevo fatto cenno raccontando le attività giornaliere delle donne dei marinai, la lavorazione dei “libbàni” o corde vegetali.
Essendone stato diretto testimone, ricordo benissimo il battito ritmato delle “mazzòccule” (un grosso matterello privo di un manico) nella “cuntrura” :l’assolato primo pomeriggio

C’era una volta il porto. Appunti di storia durante l’età moderna (XV- XVIII sec)

 

Abbiamo il piacere di ospitare sul nostro sito, un contributo molto speciale e qualificato che l’amico Luca Luongo ha voluto gentilmente dare. Speriamo vivamente che non voglia fermarsi a questo ma che in futuro, ci voglia onorare con altri preziosi scritti.

 

La ricostruzione dell’ambiente, naturale e antropico, di un territorio nel passato è un passaggio fondamentale nello studio storico. Tuttavia, la complessità della materia, la scarsezza delle fonti e – bisogna anche dire – i non sempre giustificabili tecnicismi all’interno dei testi rendono questi studi poco appetibili alla dimensione divulgativa, e, quindi, più vicina ai “non addetti ai lavori”.

Per la natura di questo contributo e la sua destinazione, quindi, cercheremo di allontanarci il più possibile da questi intralci, anche se vorrà dire rinunciare alla perfetta correttezza della forma.