L'idea
L’intento con cui nasce e, si spera, si svilupperà questo sito è quello di unire alle discrete facoltà delle nostre memorie personali la speranza di condividere, con chi ne sente come noi il bisogno, le esperienze passate, i ricordi e le testimonianze attraverso le quali porre argine alla inesorabile liquefazione della civiltà marinara di Maratea.
Fermare, anche solo attraverso il web, la fine dichiarata di un mondo che non c’è più e cercare di trasmettere nuovo impulso almeno al consolidamento di una memoria storica condivisa è il nostro immodesto obiettivo. Così, prendendo in prestito le parole di Guillaume Faye, potremmo dire che anche nella nostra società “l’uomo si è via via snaturato, perdendo il contatto con il mondo fisico, con il fuori-di-sé e con sé-stesso, appare sempre più un universo senza storia, senza radici, economicista ed anonimo, in seno al quale relazioni astratte, contrattuali, calcolatrici civiltà costituiscono i legami viventi, affettivi, storici, politici che fondano i popoli”. Per questo il recupero di uno “spirito arcaico, cioè premoderno, …che restauri valori ancestrali, quelli delle società di ordine(i)” è elemento fondamentale per iniziare la sfida per la conquista di quel futuro altrimenti precluso alla speranza dalla palude sociale che ci attanaglia.
E noi, pur consapevoli dell’inarrestabile quanto rapido evaporare di quel mondo di relazioni che trasmetteva oralmente i valori e il sapere, vogliamo offrire il nostro contributo a salvare il salvabile di quella civiltà marinara che, almeno fino a metà anni ’70, si è tramandata da secoli. Non siamo sicuri che le prossime generazioni di portaioli avranno in dote la conoscenza dei luoghi, la padronanza di un dialetto marinaresco ricco di termini e significati, la dimistichezza in mestieri ormai in disuso. Né siamo sicuri che fra venti, trent’anni, scomparsi i testimoni diretti di tante storie, un nome, un luogo, possa suscitare un ricordo, un pensiero a come eravamo e, soprattutto, chi eravamo; ma per capire dove possiamo andare è necessario sapere chi siamo stati e comparare questo con ciò che siamo adesso e quello che desideriamo essere.
Quindi solo se non consideriamo la Tradizione come una venerabile reliquia e la memoria storica come mero esercizio mnemonico ed operiamo attivamente quella forma di resistenza collettiva alla morte propria del tramandare, possiamo dire di non appartenere a quella generazione a cui Pessoa notò di appartenere: “generazione che ha perduto tutto il rispetto per il passato ed ogni credenza o speranza nel futuro. Viviamo perciò il presente con la fame e le ansietà di chi non ha altra casa.”
Ecco, allora, l’obiettivo di queste pagine: lasciare aperta una porta, la porta di quel fondaco tante volte varcata in gioventù, da cui si entrava in un mondo fatto di fatica e ingegno, sudore e vàsuli chiatràti e ùmmiti.

Tanuta
Già l’etimo del termine italiano non è univoco, per quanto molti su rifanno al verbo “tannare” ossia conciare. Ancora più oscuro è l’etimo del termine dialettale, peraltro unico nei dialetti meridionali. L’aspetto di questo pesce varia tantissimo con l’età. I giovani esemplari fino a 6-7 cm sono simili come forma a giovani saraghi o salpe, con l’aumentare delle dimensioni la forma del corpo si fa tozza ed il profilo alto; i maschi adulti hanno una marcata gibbosità cefalica e la fronte concava.

Sarago maggiore
A voler azzardare una etimologia del termine si potrebbe ipotizzare quella di far derivare uaràtu dal lat. volg. “bàrra” da cui l’aggettivo barrato corrotto in varràtu da cui uaràtu. La livrea del pesce è, del resto, caratteristica per le sei-sette fasce verticali scure a mo’ di barre. Le più autorevoli ipotesi derivate dall’arabo e dall’ebraico, portando al significato di “maculato”, ci sembrano poco concordanti con la specie diplodus vulgaris cui appartiene il sarago maggiore. Si riproduce nei mesi di gennaio-marzo nel Mediterraneo orientale e più tardi, in primavera, in quello occidentale. Si nutre di crostacei, invertebrati bentonici, da giovane, anche di alghe. Predilige particolarmente il riccio Paracentrotus lividus, di cui è il principale predatore, ma solo quando raggiunge la maggiore taglia con relativo sviluppo della dentatura, che gli permette di rompere il guscio anche se provvisto di aculei.

Ombrina
Ombrina = Ombrina. Dal lat. volg. “umbrìna”, pesce ombra per le ombreggiature dei colori della sua livrea (argenteo con strisce dorate). Si cattura soprattutto quando il mare è sporcato da acque fangose. Capita saltuariamente nelle sciabiche e nei tramagli. Può raggiungere un metro di lunghezza e il peso di 12 chili. Si ciba di invertebrati che cattura nella sabbia grufolando in piccoli gruppi, le sue prede preferite sono crostacei, molluschi (cannolicchi). La riproduzione avviene all’inizio dell’estate. I giovani fino a 3 cm sono nerastri con pinne bianche.

Spigola
Da spiga, per la forma delle pinne dorsali. Anticamente denominato pesce lupo per la sua voracità. E’ un pesce robusto, che predilige le acque salmastre e che rimonta le acque dolci. E’ specie più gregaria da giovane e in acque tranquille. Gli esemplari grossi vanno più isolati o a coppie. Si alleva nelle valli salmastre, nelle lagune e in mare.La spigola è una delle specie più pregiate ed è oggetto di acquacoltura sia estensiva (lagune e valli), che intensiva (vasche e gabbie) in acque marine e salmastre.
Pesce al sale
In una grande pirofila da forno (il pesce deve starci completamente senza sbordare) versa almeno la metà del sale grosso formando uno strato spesso circa un centimetro. Pratica un taglio laterale lungo la pancia del pesce già pulito ed eviscerato ma con la pelle e le squame, mi raccomando! Inserisci alcune fettine di limone e le erbe aromatiche. Sistema il pesce sul sale e ricoprilo con il resto. Puoi spruzzare un po’ di acqua sul pesce per far aderire meglio il sale. Il pesce deve essere completamente avvolto dal sale, non deve uscire né la testa né le pinne. Eventualmente taglia prima la pinna caudale e la coda, se troppo lungo.
Scalda il forno a 200° e cuoci per circa quaranta minuti, règolati a seconda della taglia del pesce.
Sforna e aiutandoti con un cucchiaio rompi la crosta facendo attenzione a non rompere il pesce. La pelle dovrebbe venir via assieme alla crosta. Ricava i filetti togliendo la lisca centrale e servi subito con un po’ di limone e se vuoi della maionese.