Il dialetto Marateota

Il dialetto marateota: alcune considerazioni.

Nei primi decenni del secolo scorso il Sud d’Italia fu oggetto di studi linguistici da parte, soprattutto, di filologi e glottologi tedeschi; fra questi la figura di Gerhard Rohlfs è senza dubbio quella che ha saputo ricevere il testimone dai viaggiatori teutonici dell’Ottocento, quelli per intenderci del “viaggio in Italia”, in particolare l’eredità di J.W. Goethe. Non è nelle nostre facoltà e conoscenze presentare analisi glottologiche e nemmeno ripercorrere l’incredibile opera di ricerca fatta da Gerhard Rohlfs: ci interessa, in questa nostra incursione fra le opere del Nostro, mettere in rilievo alcune osservazioni che lo studioso ebbe modo di rilevare durante alcuni soggiorni a Maratea. Vi proporremo estratti dal suo “Studi linguistici sulla Lucania e sul Cilento” ed. Congedo riportandone le copie anastatiche in formato pdf. Famoso per aver scoperto alcune isole linguistiche galloitaliche in Basilicata fra le quali, la confinante con Maratea, Trecchina, ci ha anche lasciato interessantissimi vocabolari e dizionari di toponimi e soprannomi frutto delle sue ricerche calabresi. Come ricordano nel loro sito (https://www.aptbasilicata.it/a_galloitalico/index.html) gli studiosi guidati dalla dott.ssa M.T. Greco, è stato lo stesso Rholfs a fornire un semplice e infallibile sistema per scoprire i dialetti derivati dalla colonizzazione medioevale della Lucania da parte di popolazioni piemontesi del monferrino. Riportiamo il vademecum per improvvisarsi esperti glottologi come ben evidenziato nel sito indicato dal link:

* 1)Mio fratello;

* 2) Capra;

* 3) Testa;

* 4) Sapone;

* 5) Glielo mandai per darglielo.

* 1) i dialetti meridionali mettono il possessivo dopo il nome di parentela, vedi il meridionale: fràteme; i dialetti galloitalici lo mettono prima: vedi titese: mi frà;

* 2) i dialetti meridionali conservano il tipo càpra; i dialetti galloitalici spostano la -r- nella prima sillaba: vedi titese cràva;

* 3) i dialetti meridionali hanno generalmente il tipo capa; i dialetti galloitalici hanno il tipo testa;

* 4) i dialetti meridionali mantengono la -p- immutata e conservano la sillaba finale -ne, vedi meridionale sapone; i dialetti galloitalici sonorizzano la -p- e fanno cadere la –ne, vedi titese savó;

* 5) il tipo meridionale è ngi ’o mannài pe ngi’o da; il tipo picernese è nghe lu mannài pe nghe lu rà

Il dialetto marateota, pur non facendo parte di queste isole linguistiche, ha alcune peculiarità che lo rendono riconoscibile come dialetto di passaggio fra il calabrese e il campano e non solo per ovvii motivi geografici. le note e certificate contiguità linguistiche con il latino e in parte col greco, sebbene riscontrabili nelle vulgate limitrofe al comune lucano, assumono a Maratea una connotazione tutta particolare e ne fanno un unicum, con Camerota nel Cilento, dalla Calabria cosentina fino alla valle del Sele in Campania. In questo senso si debbono collocare le pagine che seguono che, al di là di ogni tecnicismo grammaticale, appaiono evidenti a chiunque ponga mente ai discorsi che si sentono nei vicini paesi, o nei nostri mercati. È sicuramente, quello della mancata dittongazione, la caratteristica che fa particolare e unico il dialetto marateota tant’è che ciascuno di noi ha caratterizzato i dialetti del circondario sottolineandone proprio la frequenza del dittongo.

Buona lettura.

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