Le mareggiate

 

Quanti di voi hanno avuto la “fortuna” di assistere dal vivo ad una mareggiata a Maratea e, in particolare, al Porto? Dico fortuna perchè, dal mio punto di vista, assistere, possibilmente da debita distanza, alla furia del mare è uno spettacolo che ogni volta mi lascia meravigliato ed eccitato al tempo stesso. L’ultima che mi è capitato di vedere, è stata alla fine dello scorso gennaio: niente di particolarmente violento ma tale da permettere alle ondate più forti di superare agevolmente il molo per andare a morire sulla banchina sottostante lo stesso.

Questo tipo di mareggiata noi la definiamo “‘na bella maretta” (per avere un’idea si può fare riferimento a una forza delle onde da 5 a 6), mentre “’nu maragliuni” (che arriva e supera forza 8) è tutta un’altra storia; tipo la mareggiata del 1987 descritta, con dettagli, nella sezione del sito “storie”. Queste grandi mareggiate, dopo la costruzione del porto, hanno mutato effetto e impatto scenico, specie se rapportate agli anni ‘50 quando le case del Porto avevano a protezione la grande spiaggia e non un molo in cemento armato.

Fino a che non fu iniziata la costruzione del porto, la spiaggia, come si può notare esaminando con attenzione varie foto d’epoca che la riguardano, si estendeva dalla Rotonda alla Racia, e veniva rimodellata ad ogni mareggiata. Poteva succedere infatti che, per alcuni periodi lunghi a volte anni, a causa di questi rimodellamenti si riusciva a salire sulla Rotonda direttamente dalla spiaggia inerpicandosi sulla “Scala Manuela”; in altri periodi, viceversa, dal trampolino della Rotonda si riuscivano a fare i tuffi e questo dipendeva dal vento che aveva originato la mareggiata: se era stato di libeccio o maestrale.

All’epoca non vi erano previsioni del tempo annunciate dalla TV che anticipassero gli eventi atmosferici, ma la previsione dei mutamenti del clima e, in particolare, delle mareggiate, era affidata all’infallibile esperienza dei marinai, (‘zu Monicu, Cilarduzzu, Beniamino ecc). Alle prime avvisaglie di una probabile mareggiata, o meglio ancora di “‘nu maragliuni”, i marinai dovevano adempiere ad alcune basilari incombenze preventive.

La prima cosa cui pensare era quella di mettere al sicuro le barche portandole sulla “‘mbraiata”, ossia sulla strada in salita che, dall’attuale tabacchino, conduceva alla cantina ‘i Virgiliu. La seconda era quella che riguardava i proprietari dei fondaci e consisteva nel proteggere, “cu ‘i tavuluni”, le porte “d’ì funnichi” che allora, come adesso, erano: ‘u funnicu i ‘za Lucia, (attualmente sede del bar Faro Rosso), ‘u funnicu ‘i Biasineddu (fondaco di mio nonno e attuale sede del Clubbino), ‘u funnicu ‘i ‘zu Monicu (attuale sede della boutique La Vela) e ‘u funnicu’ i zà Lisetta (a sinistra del bar Faro Rosso).

Malgrado la spiaggia fosse abbastanza estesa e larga, non era sufficiente a frenare la forza spaventosa delle onde che, durante una forte mareggiata, arrivavano con grande violenza ad infrangersi sui portoni in legno dei fondaci che correvano seriamente il rischio di essere sfondati. In questi locali, negli anni ’50, trovavano posto sia gli attrezzi da pesca dei marinai che il materiale per costruire le corde vegetali, “‘i libbani”, per cui a protezione sia della porta del locale che del contenuto dello stesso, si mettevano, dal basso verso l’alto, delle grosse tavole di legno larghe una trentina di centimetri, lunghe un paio di metri e spesse almeno quattro centimetri. Quando la furia del mare si placava, si dovevano liberare, con grande fatica i “tavuluni” e quindi le porte, dalla sabbia che le onde avevano ammassata sulle stesse.

A seconda della durata del moto ondoso la sabbia accumulata poteva tranquillamente raggiungere un’altezza, tale da consentire agevolmente di accedere al balcone del primo piano (p.es. il balcone “ì za Lucia” attuale terrazza del ristorante “Lanterna Rossa”) direttamente dalla spiaggia. Un mio personale ricordo è legato ad una grande mareggiata; Non ricordo quanti anni avessi ma, sicuramente, l’episodio risale al periodo in cui risiedevo al Porto e frequentavo le scuole elementari alla stazione. Una notte d’inverno, venni svegliato da un via vai nella stanza dove dormivo, mentre da fuori arrivavano distinti gli echi di una violenta tempesta di mare, acqua e vento.

Vicino al balcone mia madre e mio padre erano intenti, armati di stracci e secchi, ad asciugare l’acqua penetrata dalle imposte in legno del balcone, non certo a tenuta stagna. I miei genitori erano intenti allo svuotamento di quella sorta di sentina che era diventata la stanza da letto, insieme a mia zia corsa a dar loro manforte, quando, quest’ultima, dando uno sguardo fuori dal vetro esclamò atterrita: “Madonna mia ‘stavota nì pigliti”. La notte trascorse tra l’apprensione generale in quanto, al bagliore dei lampi e all’assordante boato dei tuoni, di tanto in tanto, si udivano i tonfi sordi delle onde che si infrangevano sul portone d’ ‘u funnicu. L’atmosfera invitava sicuramente a rannicchiarsi “sutta ‘a ‘mbuttita”, una pesantissima coperta che del moderno piumone aveva solo la foggia ma non la leggerezza.

Come è possibile immaginare, di riprendere sonno neanche a parlarne, tanto che, per tenerci buoni (a me e mia sorella Rina), nostra nonna Marina andò a preparare una sorta di merenda che all’epoca, non essendo ancora in commercio la Nutella, per noi bambini era il massimo della goduria: pani, zucchiru e cafè. Il giorno dopo, placatasi la furia degli elementi, sulla grande spiaggia restavano i segni inconfondibili della spaventosa forza del mare che aveva disseminato sulla stessa pezzi di legno (mazzami) di varia forma e persino tronchi d’albero mentre, ‘inta ‘a putia ‘i Tetella (attualmente occupata dalla pizzeria “la scialuppa 25), i sacchi di pasta avevano smesso di galleggiare…

No votes yet.
Please wait...

3 Responses to Le mareggiate

  1. Bernardo ha detto:

    Toni, con i ricordi mi sembra di rivivere quel periodo, il mare grosso per noi nativi
    vicino al mare ha sempre suscitato emozioni particolari, in quanto nel momento che si
    verficavano rappresentavano il cambio dei giochi che si facevano giornalmente. Grazie

    No votes yet.
    Please wait...
  2. aldo fiorenzano ha detto:

    Mi hai fatto ricordare le prime mareggiate dopo l’estate… c’erano ancora le capanne sulla spiaggia e il nostro divertimento era quello di arrampicarci sui pali delle capanne quando le onde passavano sotto…. spesso non resistevamo il tempo necessario e scivolavamo sulla spiaggia mentre l’acqua del mare era ancora sotto con conseguente bagno delle scarpe e dei pantaloni fino alle ginocchia. Ricordo ancora l’acqua marroncina che usciva quando strizzavamo le calze e le mettevamo ad asciugare sopra le pietre per cercare di evitare il puntuale “paliatone” e la puntuale “tonsillite” con febbre a 40 che portava la nostra mente sopra il fornello a vedere bollire nella sua custodia la siringa con l’ago grosso per far passare la penicillina che faceva la posa….. altro che pic indolor….. . Altro spasso era correre davanti all’onda senza farsi raggiungere, questo gioco, non ricordo il perchè, lo chiamavamo Carlo erba”.

    No votes yet.
    Please wait...
  3. Adalgisa Lauria ha detto:

    Che emozione rivedere posti a noi tanto cari! Bellissimi i ricordi delle mareggiate che interrompevano momentaneamente le nostre vacanze, ma ci regalavano odori e immagini stupende! Grazie…i fedelissimi di Maratea:Maria Rosaria, Cesare e Adalgisa di Senise

    No votes yet.
    Please wait...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *