Memorie di mare (di Italia Romano)

Sono nato in una fredda sera alla fine di un inverno di parecchi anni fa, in una delle povere case attorno a questo piccolo porto. Fuori infuriava un temporale ed il mare in tempesta che mugghiava e si frangeva sulla riva sembrava condividere gli spasmi dolorosi della mia povera madre. E’ qui che ho mosso i primi passi ed era questo stesso mare che, oggi come allora, carezzevole li lambiva.

Se tendo un po’ l’orecchio sento ancora la voce di mia madre che mi richiama a casa dopo una giornata trascorsa a giocare quando sulla spiaggia fervevano i preparativi per tornare alla pesca. Di fronte alla spiaggia abitava Maria, bella ed altera, i neri riccioli ribelli che sempre sfuggivano alla costrizione della crocchia con cui tentava di tenerli in ordine.

Era la più bella tra le ragazze del Porto, la prima di una nidiata di fratelli, snella e ben proporzionata, occhi e capelli nerissimi ed una chiostra di denti più bianchi del latte. Sorrideva Maria, molto spesso a me, e forse ancor di più ai suoi misteriosi sogni di fanciulla appena uscita dall’adolescenza. Era sempre di corsa, come quella mattina che insieme a me scese sulla spiaggia a prendere il pesce appena pescato. La notte era stata fruttuosa per cui Maria prese la sua cassetta e caricandosela sulla testa mi scompigliò i capelli, ricci come i suoi, e mi salutò:”Ciao Totò, non far troppe monellerie..” E se ne andò, scalino dopo scalino, il passo leggero ed armonioso, a vendere quel pesce profumato di mare. Non ero tuttavia l’unico a seguire con interesse la salita di Maria: in piedi, sulla barca c’era zio Saverio che aveva lo sguardo puntato nella stessa direzione. Trent’anni ben portati, bruno, con una massa di capelli neri e ricciuti.

Fisico possente, ben piantato sulle gambe, era fra gli scapoli del Porto il più ambito. “Cosa guardi con tanto interesse?” mi chiese con un’ammiccante sorriso: arrossii e non risposi. Saverio con un agile balzo scese a terra, mi prese fra le sue braccia forti facendomi roteare a mezz’aria “Sei un piccolo monello…” disse, e come faceva quando mi prendeva in braccio, strofinò la guancia irsuta contro la pelle delicata della mia gota. “Ma ti voglio bene”, Saverio era il fratello di mio padre. Da quando il suo era morto era lui ad occuparsi di madre e sorelle ancora in casa, e forse per questo non aveva avuto il tempo di costruire una famiglia sua: ma dal modo come guardava Maria, e da come lei ricambiava lo sguardo, c’era da credere che quel momento non fosse così lontano. Era l’estate del 1934 quella che stemperava la sua calura nell’inizio di settembre.

La mattina del 2, domenica, tirava un forte vento di libeccio. Il mare si era ingrossato sotto la spinta del vento ma i ragazzi più grandi non rinunciarono a fare il bagno. Erano tutti fra le onde, a giocare come bambini, anche se tali non erano più da un pezzo. Benché affascinato dallo spettacolo rimasi lontano: le onde lunghe si rincorrevano sulla spiaggia ed io ne ero intimorito. Cercai Saverio ma non lo vidi. D’un tratto mi si materializzò davanti; da un po’ lo scenario era mutato: il mare aumentava la sua forza ed i giovani ora non si divertivano più. Stavano infatti cercando di rientrare cavalcando un’onda che li avrebbe spinti sulla spiaggia. Saverio aveva lo sguardo severo. I suoi occhi verdi, sempre sornioni e sorridenti, adesso erano stretti come fessure: tra i tanti ragazzi aveva scorto anche suo fratello.“Tu stai qui e non muoverti” mi ordinò e, sfilandosi con un unico gesto la camicia me la consegnò.

Si tuffò e con rapide bracciate raggiunse i ragazzi. Cominciò dal più affaticato e lo spinse sull’onda che lo travolse scaraventandolo sulla riva, poi uno dopo l’altro li tirò fuori tutti. Ero felicissimo. Saverio, il mio amico affettuoso, l’esperto nuotatore, ora anche un eroe. Tutti spaventati tossivano e sputavano l’acqua appena ingerita, solo lui, alto e possente sulla battigia, grondante di acqua e con le alghe fra i capelli e sulle spalle forti, sembrava ai miei occhi di bambino l’incarnazione stessa del dio del mare. Stavo per corrergli incontro per abbracciarlo, quando inspiegabilmente il prudente, il saggio Saverio si rituffò nell’onda.

Rimasi impietrito. Quando dopo un’eternità riemerse non muoveva più il braccio destro. Nuotava solo con l’altro e faceva cenni come a chiedere aiuto. La gente cominciò a radunarsi: i pescatori erano tutti sulla spiaggia, poi arrivarono donne e bambini. La campana della chiesa cominciò a suonare a martello e quel suono lugubre mi lacerò l’anima. Nessuno osava sfidare la furia di quel mare possente, era solo lui, Saverio, impotente a lottare contro l’irreparabile.

La folla radunata cominciò a lanciargli grossi sugheri, perfino travi di legno nella vana speranza che egli potesse aggrapparsi. Ma le forze lo stavano abbandonando. Ormai piangevo senza ritegno, singhiozzavo disperato stringendomi al cuore la sua camicia come un talismano, Scene di disperazione e di strazio si succedevano fra quelle persone impotenti di fronte alla tragedia. Saverio il lottatore combatté ancora a lungo contro la furia di quel mare che aveva tanto amato, fino a quando un’onda gigantesca, una propaggine mostruosa degli stessi abissi, non lo sommerse ancora una volta. L’ultima. Non riemerse più.

Il suo cuore generoso aveva smesso di pulsare, di lottare, di amare. Quando scesero le prime ombre della sera quel mare, forse pago di aver avuto la sua vittima, calmò la sua violenza. Non avevo più lacrime, solo un buco al posto del cuore. Uno dopo l’altro, muti e stravolti, tutti rientrarono alle loro case. Ero rimasto solo. Fu a quel punto che la vidi ferma su uno scoglio, impietrita dal dolore: Maria. Non avrebbe più potuto ridere , chiacchierare, amare Saverio. Anche lei, come me, sgomenta, disperata, senza lacrime. Stringevo ancora al petto la camicia mentre misi la mia mano nella sua. Era di ghiaccio come il suo cuore. Le dissi piano: “Vieni Maria, ti accompagno io a casa”.

Due ore dopo la scomparsa tra i flutti di Cardinali, il mare tornò ad essere praticabile, non del tutto calmo ma molto, molto ridimensionato, sembrò quasi che avesse voluto divorare la sua vittima e, una volta sazio, quietarsi. La gente restò incredula e attonita e cominciò a fare tante congetture…. Chi disse che , essendo un bestemmiatore, come tanti a quell’epoca, il Signore aveva voluto punirlo.

Ma la più accreditata fu quella legata alla magia…. C’era una ragazza a cui Cardinali piaceva molto e, per dare un segno della sua simpatia, ogni anno si recava a Natale a casa sua e portava ai suoi genitori un cesto pieno di ben di Dio. Logicamente i genitori di Cardinali ricambiavano riempiendo di nuovo lo stesso cesto con prodotti del mare, tipo alici salate e tonno sott’olio. Grande fu la delusione di questa ragazza quando seppe che un’altra donna era entrata nelle simpatie di Cardinali e, appena si accertò della veridicità della notizia, la delusione si tramutò in odio. Immediatamente si recò da una fattucchiera e gli chiese un maleficio avrebbe dovuto far morire, Saverio, velocemente in mare…. La fattucchiera si pagò profumatamente e le dettò una fattura che provocava una morte simultanea…

La ragazza doveva fare degli adempimenti per far partire il maleficio e fu proprio durante la preparazione di questi adempimenti che commise un errore nell’annodare, con la ginestra, il materiale occorrente per la fattura.Questo errore fece si che una morte veloce si trasformasse in un’ agonia lunga più di due ore prima che Cardinali affogasse in mare…. Questa tesi fece molta presa nell’opinione pubblica perché era impensabile che un simile nuotatore potesse affogare in quel mare che per lui non aveva segreti…….

(nota di Aldo Fiorenzano)

No votes yet.
Please wait...

5 Responses to Memorie di mare (di Italia Romano)

  1. Francesco Chiappetta ha detto:

    Ita’:bello, bello, bello!!! Ci attendiamo, se ne avrai voglia e soprattutto piacere, altre cosucce, piccole perle per impreziosire un ricordo altrimenti freddo, statico, poco evocativo (‘intu a stu funnicu nonn’adda fa friddu…). Così, come scrivi, ciò che fu ritorna vivo e presente e anche noi che non potemmo vedere, vediamo. Ecco cosa ci dà questo breve, intenso, armonioso racconto: ‘nu munnu ca no’ ngè cchiù.
    A presto e grazie.

    No votes yet.
    Please wait...
  2. cinzia ha detto:

    “MI INCHINO DAVANTI ALLA TUA BRAVURA”

    No votes yet.
    Please wait...
  3. Domenica cestari ha detto:

    Stile asciutto,capacità descrittiva alta al punto di poter assaporare il profumo ed il sapore della salsedine, non ti smentisci! Continua ad allietarci con i tuoi scritti eccellenti!

    No votes yet.
    Please wait...
  4. Marirosa Belvedere ha detto:

    Avrei continuato a leggere per ore…non solo per lo stile descrittivo capace di attirare l’attenzione in ogni punto , ma per la capacità che hai avuto nell’evidenziare più cose insieme,
    come un’attività ormai scomparsa ma fondamentale nel passato,l’idea di famiglie come poche e soprattutto l’immagine di una donna forte e indispensabile….brava Italia e complimenti!

    No votes yet.
    Please wait...
  5. Maria Rita ha detto:

    Storia affascinante, la forza descrittiva è tale da suscitare emozioni, miimmagino
    le scene raccontate e i personaggi che le animano con i loro gesti, e con le parole… come in un film “noir/blanc”

    No votes yet.
    Please wait...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *