Caramellu

Domenico Pappalardo si chiamava ma era comunemente conosciuto come Caramello, personaggio portaiolo a dir poco singolare, col sesto senso nel combinare guai o di trovarsene in un mare….

La sua vita trascorre in gioventù soprattutto in Sud America, precisamente, in Venezuela, dove era arrivato senza arte ne parte. A Caracas c’era un folto gruppo di Marateoti che si erano sistemati più o meno bene e a cui facevano riferimento, almeno per i primi tempi, i nuovi compaesani emigrati.

Come molti, anche lui fu ospitato in un sottoscala da alcuni conoscenti e viveva di espedienti con alterne fortune. In quei tempi il Venezuela offriva delle buone occasioni, a seconda del Presidente di turno, ora illuminato, ora despota e molti portaioli avevano aperto dei negozi nelle vie principali ottenendo discreti guadagni e Caramello aveva lavorato prima in un negozio di alimentari poi in un bar ma già si notava la sua incostanza e la sua innata capacità di mettersi nei guai.

Un giorno raccontava che aveva avuto la possibilità di aprire un piccolo bar in società con Biagio Zaccaro, detto “’U Pacciu “ personaggio col quale ha diviso l’esistenza per quasi tutta la vita trascorsa tra un guaio e l’altro. Il bar, a dire il vero, perlomeno per quanto da lui raccontato, andava bene, buoni clienti e buon incasso, tanto che decisero di acquistare una macchina da caffè di nuova concezione, quella a pressione che tanto successo e diffusione avrebbe avuto poi in avvenire. Purtroppo per Caramello, la valvola che regolava la pressione dell’acqua non era ancora automatica, per cui, volta raggiunta la pressione giusta, bisognava azionare la valvola di scarico per evitarne l’aumento a dismisura. Fu proprio questa disattenzione che fece scoppiare la macchina, ferendo abbastanza seriamente il povero Caramello ad un braccio. Il Paccio si salvò per miracolo ma il bar fallì.

Tra i tanti difetti di caramello spiccava però un pregio, era di buon cuore e quando aveva qualcosa lo divideva sempre con gli altri i quali spesso ne approfittavano a dismisura. Un giorno arrivò a Caracas un giovane diplomato di un paese del vicino Cilento e conobbe Caramello per la strada. Parlando dei rispettivi paesi si conobbero e quando seppe che questo ragazzo non aveva nemmeno un luogo dove andare a dormire, non esitò a portarselo nel sottoscala dove già lui solo in pochissimo spazio. L’orologio della vita, come si sa non si ferma mai, questo ragazzo, sveglio e attivo ben presto si ritrovò ad essere amministratore di un collegio italiano importante con vitto alloggio e stipendio adeguato. Il Cilentano, memore, non si dimenticò di Caramello e lo fece assumere dal collegio come suo collaboratore.

Domenico doveva recarsi nei negozi e nei mercati a fare gli acquisti per conto del Collegio, cosa che fece regolarmente per un po’ di tempo finchè non finì per mettere nei guai il povero Cilentano che si era fidato costringendolo, suo malgrado a mollarlo. Caramello si fidanzò con una donna di colore con la quale divideva una piccola casetta e tra un litigio, una fuga e l’altra, alternava i più svariati lavori: ora lavorava in una azienda che allevava maiali, ora vendeva gelati con una specie di triciclo.

L’orologio continuava a girare e a Maratea sua madre, che già aveva una casa, con l’eredità proveniente dalle morti di Za Lucia e Za Rusina detta la Vezzosa se ne costruì un’altra, così, alla fine la vera America Caramello la trovò quando se ne venne definitivamente a Maratea, perché si trovò padrone di un discreto patrimonio. Maratea si avviava ad un futuro industriale e turistico, i prezzi erano lievitati e le case avevano acquistato un notevole valore dovuto alla continua richiesta di acquisto da parte di persone facoltose che avevano colto il senso dell’affare.

Insieme all’eredità Caramello, alla fine ereditò anche Ciccillo Lento Lento, un cugino, figlio di Za Lucia che soffriva di crisi epilettiche e che spesso bisognava soccorrere perché cadeva pesantemente a terra ferendosi sovente alla testa. I primi tempi Caramello a Maratea li passò raccontando le sue avventure americane, il triciclo dei gelati era diventato un camion e lui, con Fra Pascali, un suo amico di Fiumicello, avevano lottato e vinto contro Carnera, il campione di pugilato, ma quando questo faceva il locciatore, così diceva….

Lui non pronunciava la lettera erre e quindi fu subito chiamato con lo pseudonimo di Cavamellu. Fece credere che era ritornato dall’America ricco e convinse una bella ragazza a farsi sposare, ma l’inganno durò pochissimo e fu subito lasciato. Il Paccio, anche lui aveva tentato di accasarsi con una donna del Porto ma l’unica cosa che rimediò fu una rasoiata sulla testa da parte di un parente della futura sposa e archiviò quindi per sempre tale prospettiva.

Avendo venduto la sua casa paterna insieme ai suoi fratelli ben presto si trasferì in un piccolo appartamento di Caramello, così potevano litigare quando volevano. Il Paccio, mi piace chiamarlo così, perché era troppo simpatico, ma aveva un modo tutto suo di vedere il mondo,inizialmente non pagava nemmeno un minimo di affitto in quanto riteneva che i danni economici che gli aveva procurato Caramello erano immensi e quindi quello era una forma di risarcimento ma poi, forse consigliato dai parenti , per non rischiare lo sfratto finì per versargli un minimo di affitto mensile.

L’orologio, in un certo senso, aveva fatto un bel giro anche nella sorte del Paccio… questi, a causa di un ordigno esplosivo, forse bellico…. si ritrovò senza un braccio, fu soccorso e curato dal primario Chirurgo dell’Ospedale di Maratea, Il Professore Mancusi che in poco tempo lo rimise in sesto. Era il tempo della Democrazia Cristiana, l’Italia viveva i primi passi del boom economico e al Paccio toccò la pensione d’invalidità e l’accompagnamento…. praticamente ricco . Io conobbi Caramello al suo ritorno dall’America, mi presentai e gli dissi che ero parente di Ciccillo Lento Lento e lui mi disse che sapeva che ero il figlio piccolo di tridicicocci, e mi offrì una sigaretta, io la presi e accesi la sua col mio accendino.

Mi avevano appena regalato un Ronzon in metallo, accendino che andava per la maggiore a quei tempi. Lui quando lo vide si congratulò e mi disse che stava aspettando dall’America un grosso baule che non aveva potuto portare con se a causa di tutti gli altri bagagli, che conteneva un centinaio di Ronzon come quello e 365 camicie, praticamente poteva cambiarsi una camicia al giorno per tutto l’ anno.

L’arrivo del baule era imminente ma lui la sera stessa doveva andare a fare visita ad un suo parente e gli sarebbe piaciuto regalargli uno dei suoi accendini ma purtroppo quel disguido glielo impediva e mi chiese di prestargli il mio in cambio di una scatola di fiammiferi… logicamente appena arrivava il baule me ne avrebbe sicuramente restituiti una decina di Ronzon e quanti ne volevo di quelli di propaganda che lì, in America, li regalavano a centinaia. E fu così che conobbi Caramello… rimettendoci l’accendino….

Il dubbio mi era venuto in quanto, quando mi parlò delle 365 camicie, guardando il colletto di quella che indossava , mi accorsi che era unto di sebo nero quindi sporchissima. Caramello si fece una barchetta e si dilettava a pescare, sentendolo parlare di mare sembrava uno dei più grandi pescatori del Porto, grandi prede e grandi pescate e guai a contraddirlo…. aveva la capacità di negare, seduta stante, perfino l’evidenza.

Un giorno era venuto a pescare i tonnetti con me e Saverio un altro portaiolo che ha diviso la sua vita tra l’America e Maratea, quel giorno c’erano tanti tonnetti e tante alici bisognava solo trovarsi al punto giusto nel momento giusto. Non ricordo per quale motivo si trovava Caramello col guadino in mano nel momento di prendere le alici. Saverio stava al motore e si dirigeva velocemente verso il branco di alici, io stavo a prua e Caramello era pronto a guadinare al centro della barca.

Arrivati sul branco, Saverio lo portò sul punto giusto e Caramello, invece di immergere il guadino in acqua sfruttando l’abbrivio della barca e quindi riempiendolo di alici, fece il contrario, praticamente l’abbrivio non permise alle alici di entrare nel guadino, ne prese pochissime. Io e Saverio imprecammo dicendogli che aveva fatto una sciocchezza e lui ribadì; ” non’ avesa dici màncu ‘pi schevzo” , lui aveva guadinato bene il pesce, era colpa nostra se non lo avevamo preso.

Caramello accudì, bene o male Ciccillo fino alla fine, lui stesso fece la bella vita per un po’, poi cominciò a vendere le case, a dilapidare con gli amici le risorse che aveva e alla fine, dopo una banale caduta morì in ospedale. Caramello preferiva i ristoranti mentre il Paccio preferiva i cibi paesani, comperava spesso i galli di Massa che chiamava cantanti e il prosciutto e il vino di Brefaro che che erano i migliori.
Quando rievochiamo le storie del nostro passato, questi personaggi compaiono spesso….
Come si soleva dire una volta…….. hanno fatto memoria …… e una domanda mi viene spontanea… ma noi, ne stiamo facendo di memoria? ….(nella sezione poesie quella dedicata a domenico pappalardo alias Caramellu da Franco Chiappetta)

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