A Cuda i Zìfuni

 

In Greco moderno, sifon, -onos, -onav, -unas significa, oltre che <sifone, pompa, tubo>, anche <uragano. turbine>. Sulla costa adriatica italiana ritroviamo questi significati secondari, a cui si aggiunge quello di (tromba marina>. La serie è arcinota (cfr. REW c REWS) ed è stata illustrata dal Merlo (1921). dal Vidos (1939, 575-577) e, più recentemente, dal Cortelazzo (1970, 229-230).

Elenco, a puro titolo esemplificativo, goriz. sifón <uragano.„scidn <fulmine>, venez. sión <tromba marina> (e anche <canna per trarre il vino,), poles. skin durbine, vorti-ce> (e (sifone per botti>). sionada <raffica>. met. scion, chiet. seifòna, vast.. ori., franctiv. scifidtw ‘turbine di vento., bar. sióna ‘tromba marina” (ma anche “iena-toret), molf. sajt.3, bit. siva <tromba marina>. sal. tela, nzunfiune, zamfòne, zumfiòne, ecc. A questa e ad altre varianti note, si possono aggiungere ora la voce di Gallipoli gianfiéne <tromba marina> (Roberti 1971-73. 605), e sijan, attestata nelle Bocche di Cattaro (Musi d 1978, 61, senza significato preciso). Per riassumere con il Cortelazzo. il termine «col significato di <vortice, turbine> copre una vasta area adriatica, che va dall’Istria veneta … all’estremo Salento … toccando successivamente tutte le regioni costiere dell’Adriatico».

Al Corte-lazzo va il merito di avere scoperto che la prima attestazione greca del significa-to <atmosferico> è già in S. Atanasio (Spuria IV sec. d.C.: Patrologia Greca XXVIII 684). Il Cortelazzo inoltre. seguendo Vidos, attribuisce giustamente le forme dialettali italiane ad un archetipo veneziano, data la lenizione o caduta della consonante intervocalica comune a quasi tutte le varianti. Meno convin-cente mi sembra la sua ipotesi che il significato atmosferico del termine sia passato dal Greco al Latino in epoca bizantina: la coesistenza in diverse località, fra cui proprio Venezia, del significato tecnico originario con quello atmosferico secondario, ci sembra dimostrare il contrario. Tuttavia, per le riflessioni folclo-rico-semantiche sul termine che mi propongo, la questione non è rilevante.

Prima di terminare questa panoramica introduttiva, occorrerà aggiungere che il nostro significato è attestato anche in Calabria settentrionale e media (Rohlfs NDDC 807). nelle forme Zii-Une, ifune. zifiSni e rifuni: tipo. come quello salen-tino, indipendente dall’archetipo settentrionale dominante nell’Adriatico; non-chè nel bulgaro szpin e nel turco DM: (Karanastasis 1968-70. 254). La storia completa della parola. probabilmente. potrà essere scritta soltanto dopo la pub-blicazione dei materiali dell’A LMI. Dal punto di vista semantico il passaggio da <sifone) a (tromba marina, turbi-ne’ ricorda da vicino quello attestato per l’arcobaleno in area ungherese. 11 nome ungherese dell’arcobaleno, infatti, è szirdminy, che significa anche <sifo-ne), dal verbo SZfr pompare, succhiare, aspirare) e simili.

Nella rappresentazio-ne popolare, infatti, l’arcobaleno è concepito come un’enorme sifone, che suc-chia l’acqua della terra o dal mare, per riversarla in forma di pioggia. Poichè somiglianza fonetica fra il Greco .siphon, senza etimologia (cfr. Chantraine s. v.), e l’ungherese SZI”V è probabilmente fortuita, mi limito ad osservare gli elementi semantici e folclorici comuni alla rappresentazione popolare dei due fenomeni atmosferici: oltre ai due aspetti già rilevati del sifone e della sua azione pompante, abbiamo infatti, in tutti e due i casi, l’aspetto demonico, e le formule magiche per <tagliare> il •mostro,. Per quanto riguarda l’arcobaleno rinvio a mie ed altrui ricerche in ambito paneuropco (Gaidoz—Rolland et al. 1884-87; Tolstoj 1981: Alinei 1981. 1983, 1984a): per il folclore del (sifone- tromba di mare> ricordo qui, per tutti, il saggio di Giovanni Ginobill (195/, 393-402), e le informazioni sul folklore marinaro abruzzese e molisano ria

Degne di rilievo, per una storia della parola più dettagliata. sono le informazioni fornite dal Karanastasis (1966-67, 177)e dal Petkanov (1%0— l , 32 e passint). Il Karanastasis ci informa che in Greco il turbine sulla terra ferma si chiama generalmente sifunas o .szifunas (in greco purista sìphon); la tromba marina si chiama invece trumba (< it. tromba) fra i marinai e gli abitanti delle isole. mentre tra i continentali si chiama sifùni. Ciò sembra indicare la sovrapposizione recente, ma sociohnguisticamentc limitata all’ambiente marinaro, di uno strato italiano su quello indigeno.

Dai primi sondaggi del Petkanov risulta che s(ftin .scione. è attestato nell’area settentrionale e non in quella meridionale lella costa bulgura sul Mar Nero. nonostante che l’elemento greco sia più numeroso nel meridione. Quando l’anicolo era già in bozze mi è stata segnalata un’attestazione di Stiano del 1576. nei Viaggi in Abruzzo di S. Razzi (1926. 151). nato a Rocca S. Casciano nel 1531: «una nugola che manda giuso al mare come una tromba torta a prender acqua dicono colate Sciano, o Fiori& o Lucifero. o tromba (Vasto, settembre 1576).

te dal Giammarco (1962). Dal tiumbilt apprendiamo che In seno <tromba man-na> è considerato dai vecchi pescatori di S. Benedetto del Tronto un essere demonico. Per difendersi da esso occorre l’intervento del dagliatore>, che de-v’essere il figlio primogenito di una famiglia di pescatori, e che deve aver appre-so la formula di scongiuro la notte di S. Giovanni o della Vigilia di Natale (i due solstizi, e le due <grandi feste> annuali, in tutte le culture del mondo: Lanternari 1976). La formula sacra deve essere accompagnata da un rituale effettuato con uno speciale coltello dal manico nero2. Per quanto riguarda la concezione del mostro, lo stijò stesso può essere la trasformazione magica di una persona, condannata ad assumere quella forma da una fattura.

Il <taglio> quindi non solo libera il marinaio dal mostro, ma anche la vittima dalla malia. Vi sono qui elementi strutturali di tipo magico-fiabesco estremamente produttivi per un’a-nalisi di tipo proppiano. In un’altro mito marchigiano, bellissimo ma presumibilmente più recente, o comunque di più recente rielaborazione, lo sciò è una nuvola composta di milioni di anime umane, sia di morti che di vivi, smaniose di vendicarsi dei torti ricevuti dai marinai.

Mira dello sciò sono le imbarcazioni dei pescatori che esso avvolge. terrorizzando i pescatori, che possono difendersene con l’aiuto di uno stregone, alleato del diavolo, che si serve anch’esso di una formula magica. mista però a bestemmie, oltre che del rituale coltello. In un’al-tra variante, il mostro lascia in pace i disgraziati marinai solo quando all’orizzon-te appare l’arcobaleno. Vediamo qui un legame con l’arcobaleno, anche se questo appare ormai con un segno positivo, e non più come mostro. Interessan-te è anche la presenza di una rappresentazione femminile dello sciò, la scegon-ani (< siphunaria, prob. <quella che causa lo sciò»: cfr. e.g. istr.ven. sionera e varianti <tromba d’aria> (Rosamani); e cfr. lat. siphonarius pompiere’), che conferma la concezione sostanzialmente animistica, se non addirittura antropo-morfica, del fenomeno, nonostante la sua origine <meccanicistica>, come sifone.

Il folklore marinaro abruzzese conferma, precisa ed amplia questo quadro: a Francavilla si pensa che la tromba marina sia generata dal diavolo; e ricordiamo qui che il tipo (Liocifero è comunissimo in area centromeridionale e meridiona-le per indicare il turbine. A Vasto i pescatori distinguono il sesso del sifone, che è maschio o femmina a seconda della sua grandezza: conferma esplicita di quanto dedotto dai dati del Ginobili. Ad Ortona i sifoni sono considerati come persone. che nascono la notte di Natale.

Questa informazione è di grande interesse. se si aggiunge a quella sopra citata relativa al <tagliatore stregone. Non solo il segreto del rimedio contro il sifone, ma il sifone stesso si collega con la ‘grande festa>, con la notte delle magie e più tardi del Natale cristiano. Meno 2 Rito analogo descritto in Rosamani (s. v. sion, con rinvio a I.. Galli): «Durante e/ ti(M, il primogenito, che è a bordo, fa sulla tolda il segno di Salomone, pianta il coltello nel cuore della stella e dice sion». V. anche oltre. mono°, personaggio ronuamentaie uene mano e, ‘lena uebruzione øt Yropp, archetipo della madre totemica.

La maga si trasforma in tromba marina e. quando ha finito la sua opera. in serpe. Poi ritorna donna bellissima, ma priva di un occhio. In termini strutturali, c’è una relazione di identità fra la (maga», la (tromba marina, (e qualunque fenomeno atmosferico), e la <serpe (e qualunque animale). Partendo da una qualunque di queste classi di realia (e delle altre che insieme formano l’universo primitivo: piante, malattie, strumenti di lavoro ecc.) si può arrivare ad una qualunque delle altre classi, attraverso una (classificazio-ne incrociata} universale, di tipo magico-religioso, che considera tutto contem-poraneamente naturale e soprannaturale. Il ruolo del (sifone> — e di tutti i fenomeni atmosferici — in questa struttura è insomma identico a quello di tutti gli altri realia: quello di realizzazione di un unico archetipo, presumibilmente totemico. riflesso di una società di cacciatori e raccoglitori non ancora differen-ziata socialmente.

Per i dettagli di questa teoria, che ho tentato di illustrare sulla base di un’abbondante documentazione italiana ed europea, rinvio ad Alinei (1984b). Nel quadro di questa rappresentazione, ci sembra inoltre facile comprendere il legame, a prima vista oscuro, fra <tromba marina< e <iettatore,. 1..a concezione della tromba marina come epifania della strega o stregone, come trasformazione di un individuo stregato. come insieme di anime invidiose, o creazione del diavolo, è infatti strutturalmente vicina a quella in cui un essere malefico o iettatore <getta>, cioè invia, la sciagura in forma di tromba marina, assumendo o no egli stesso quella forma.

Il fatto inoltre che in alcune località della costa adriatica il significato primiti-vo del termine (come canna per trarre il vino> e simili) si conservi accanto a quello secondario, ci sembra particolarmente interessante. Ciò implica, necessa-riamente, che la concezione della tromba marina (o dell’arcobaleno) come sifo-ne, cioè come strumento di lavoro (naturalmente di grandezza e di potenza sovrannaturale), sia successiva allo sviluppo di tecniche particolari per l’estra-zione di liquidi, e quindi relativamente tarda, rispetto alle rappresentazioni zoomorfiche o animistiche primitive.

Come le ricerche storico-religiose più re-centi dimostrano, infatti, le antiche spiegazioni dei fenomeni atmosferici in chiave meccanicistica, di qualunque tipo, vanno viste come tentativi, sia pure ingenui. di razionalizzare concezioni precedenti, più primitive. Così, il folclore ungherese rivela lo stadio precedente alla concezione dell’arcobaleno come <sifone., dove chi <succhia< non è più un sifone, ma un animale. In Latino, si dice soltanto che “l’arco beve», e non si trova alcuna traccia di un animale soggiaccente, ma gli animali che bevono l’acqua sopravvivono a livello mitologico popolare.

Più interessante per questa discussione, in Serbocroato il nome standard della <tromba marinai è morska pejavica, letteralmente <mignatta marinab (da piti (bere’): qui appare ancora chiaramente lo stadio zoomorfico, che in <sifone’ è ormai scomparso. In Polacco, lo stesso nome della mignatta, pijawka, è uno dei nomi dialettali dell’arcobaleno. In tutto il folclore europeo l’arcobaleno ha una matrice mitologica comune, simile a quella degli aboriginei australiani. secondo cui l’arcobaleno è un gigantesco animale. di solito un serpente, che appunto succhia e rivomita non solo l’acqua ma anche gli animali e gli uomini.

Il <succhiare> e il <rivomitare>, a loro volta. sono i concetti fondamentali del pro-Cesso iniziatico, visto come morte del giovane divorato ritualmente dall’animale totem, e come sua rinascita da adulto, simboleggiata dalla fuoruscita dell’inizia-to dalle fauci del totem. Non a caso la formula di scongiuro del (tagliatore> (che nelle citate tradizioni adriatiche appare come vero e proprio (stregone>, con privilegi e poteri magici ereditari) viene passata di generazione in generazione.

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2 Responses to A Cuda i Zìfuni

  1. Rosa Ronzitti ha detto:

    Veramente un ottimo articolo. Se avesse notizie anche sul folklore della zucca mi piacerebbe raccoglierle.
    Rosa Ronzitti
    RTI Glottologia e Linguistica
    Università di Genova

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    • Francesco Chiappetta ha detto:

      Grazie. Noi possiamo pregiarci solo di averlo raccolto e segnalato (vedi bibliografia). Ci interessava porre in rilievo non solo l’aspetto che unifica le marinerie d’Italia ma, soprattutto, il ricorso al soprannaturale, al magico, cui attinge il “tagliatore di code” e il tramandarsi le formule magiche, da recitare durante il taglio, nella notte di Natale.
      Per quanto concerne il folklore della zucca mi viene in mente solo il gioco del “cucuzzaro” in cui a ogni partecipante veniva assegnato un numero. Il capo cucuzzaro iniziava il gioco chiamando a caso i numeri e ogni chiamato in causa doveva prontamente rispondere coinvolgendo gli altri partecipanti. Il gioco aveva termine (chi sbagliava pagava il pegno stabilito) quando non si riusciva a rispondere con prontezza.

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