L’architetto

 

 

 

Erano gli anni ‘70 ed al Porto, in una delle case più belle, venne ad abitare un noto Architetto di Firenze. Girava voce che avesse progettato la stazione di Firenze, il piano regolatore di Stoccolma ed altre importanti opere. Era un uomo anziano, molto alto dal fisico un poco cadente dovuto al fatto che prima era grasso e poi era dimagrito tanto, ciò gli conferiva un’aria un poco triste. Bastò questo per rimediare il soprannome di “ Camposanto”. In genere vestiva abiti di lino bianco ed era, a parte l’aspetto fisico, di una simpatia unica , parlava con accento fiorentino ed aveva assunto come donne di servizio due sorelle anziane del Porto, Drosolina e Teresa, essendo troppo difficile chiamare una persona Drosolina, l’avevano ribattezzata Rosolia.

Io ebbi modo di conoscerlo personalmente quando giunse al Porto la sua nuova barca che si era fatto costruire da un cantiere navale di Castellabate, la chiamò “ Castrocucco” come una frazione di Maratea, era lunga nove metri ed era di colore nero con un piccolo ritornello di colore giallo. Il colore della barca confermò ai portaioli che il soprannome a lui dato era più che appropriato.

Un giorno mi chiese se sapessi andare a vela ed io gli risposi subito di si, mentii ma avevo bisogno di lavorare come marinaio e lui era un buon armatore, essendo ricco. Io ero andato a vela solo con una piccola barchetta che usava a mò di vela un lenzuolo bianco issato su un piccolo albero al centro della barca. Nonostante ciò avevo scuffiato un paio di volte, mi ero cioè rovesciato con la barchetta ed ero stato trainato sulla spiaggia con la barca ancora capovolta. Il mio curriculum quindi come skipper era impresentabile.

La Castrocucco aveva il fiocco e la randa come vela ed un bel motore francese di 50 HP che gli permetteva una veloce navigazione molto utile per raggiungere i punti ventosi visto che Maratea non è una zona dove spira spesso il vento, la zona buona è verso Punta degli Infreschi, la punta che viene prima di Palinuro. Come barca era molto bella, lui l’aveva voluta spartana all’esterno e con qualche confort all’interno. Notai subito che non c’era il sedile davanti alla ruota del timone, quindi chi guidava la barca doveva stare in piedi, glielo feci notare e lui mi disse che non aveva trovato nulla di bello e quindi aveva pensato ad un sedile mobile da montare solo all’occorrenza.

Un giorno mi portò un bastone da alpinista che, aperto diventava una specie di sedile, ma, avendo come terminale una punta da infilare in un pezzo di sughero, bisognava essere equilibristi per poter stare seduti durante la navigazione.

Essendosi subito accorto che sia le mie che le sue cognizioni sulla navigazione a vela erano alquanto scarse, fece venire da Salerno un maestro con l’incarico di insegnarmi sia la teoria che la pratica velica. Appena arrivato, fece la visita alla barca e ci disse che bisognava comperare subito un anemometro; io, non sapendo cosa fosse, annuii e guardai l’architetto il quale pensoso disse al Maestro:“ Guardi che il mio ano non l’ha misurato mai nessuno”. Lo disse in un fiorentino così simpatico che ci fece fare una sonora risata. L’istruttore ci disse che era un’elichetta da montare in cima all’albero che segnava sia la direzione che la velocità del vento.

A parte la particolare terminologia che imparai in seguito, capii subito come prendere il vento e fare scivolare sul mare la Castrocucco in assoluto silenzio, ciò piacque molto all’architetto ed entrai nelle sue simpatie. Una delle prime cose che avvertii, frequentando l’architetto e i suoi ospiti, fu la carenza che avevo nel campo della cortesia e del galateo. Come giovane marinaio ero un poco scontroso, anche se educato, ma non conoscevo le regole e i modi di agire in uso nella società borghese. L’Architetto, con molta discrezione mi faceva notare sempre gli eventuali errori comportamentali che commettevo soprattutto quando manifestavo il mio dissenso, ero troppo impulsivo e ciò mi rendeva antipatico. Io ringraziavo e pregavo l’architetto di farmi notare sempre eventuali mie carenze perché disponibilissimo ad imparare in quanto non volevo assolutamente fermarmi al ruolo di semplice marinaio.

L’anno successivo infatti ero già al comando della barca avendo preso la patente nautica che me ne dava titolo.Mimma Mondadori, quella della casa editrice e futura seconda moglie dell’Architetto e Giorgio Bassani lo scrittore, spesso mi guardavano sott’occhio e notavano puntigliosamente gli errori che commettevo durante la conversazione o durante il consumo del pasto a bordo. In genere il marinaio su una barca da diporto serve il pranzo all’armatore e agli ospiti e solo quando questi hanno finito può consumare il suo. L’Architetto volle sempre che io pranzassi insieme a tutti i commensali e che partecipassi alla conversazione in modo che potessi esprimere anche il mio parere su qualsiasi argomento si stesse trattando.

Quando stava bene in salute – soffriva spesso di dolori allo stomaco dovuti ad un ulcera gastrica che si era cronicizzata – era una persona molto simpatica e raccontava delle storie veramente carine, a volte un poco colorite e sempre maliziose. Raccontò una volta che all’inizio della sua carriera ebbe l’incarico di progettare una villa a Capri. Il committente era un certo sig. Foglioni e lui, avendo problemi nel ricordare i nomi dei suoi clienti che per sua fortuna erano tanti, subito pensò: “ecco un cognome che non dimenticherò mai “, essendo chiara una certa allusione.

Passò del tempo e lui ritornò a Capri per proseguire il lavoro di costruzione della villa ed appena vide il cliente, allungò la mano e disse: “ Buon giorno signor festicoli”.La sua presenza a Maratea era dovuta al fatto che il Conte Rivetti, un industriale piemontese, l’aveva chiamato per la progettazione del Santavenere, un albergo di prima categoria e per il restauro della torre che il Conte aveva scelto come sua dimora. Avendo ambedue un carattere molto deciso ben presto finirono per litigare, in modo così profondo da non riuscire più a rappacificarsi.

Anche il Conte aveva una barca: “La Mozzarella”, sulla quale era imbarcato un mio amico e quando ci incrociavamo per mare, cosa che io cercavo di agevolare sempre, l’Architetto non si sapeva astenere dal fare dei brutti segnacci con le mani rivolte al Conte il quale, con molto stile incassava e non replicava mai.Un giorno gli dissi che il Conte aveva fatto costruire una nuova piscina davanti all’albergo che prendeva l’acqua direttamente dal mare; lo dissi sapendo che l’architetto l’avrebbe presa come una provocazione ed infatti subito replicò, innanzi a degli illustri ospiti, che in confronto alla sua piscina che aveva nella sua dimora a Fiesole quella del Conte era: ”un piscio di gatto”.

Spesso, quando gli ospiti andavano a fare il bagno lui si fermava a bordo a conversare con me. Erano dei momenti molto piacevoli perché mi raccontava episodi della sua vita sempre molto interessanti e non solamente i successi, ma anche le sconfitte che immancabilmente si verificano durante la vita di una persona. Mi fece capire che anche le persone di successo vivevano momenti di solitudine e di infelicità. Io invece pensavo allora che i ricchi, col denaro potessero essere sempre contenti perché avevano la possibilità di non farsi mancare mai niente. Mi disse un giorno che un episodio l’aveva emozionato e lusingato nello stesso tempo: fu il suo primo incontro che ebbe con Mussolini. Era stato chiamato dal Duce per discutere su un impianto telefonico da fare al Sud. Impianto che poi realizzò ottenendo il plauso dal Duce in persona.

Io ero incaricato di comperare il pesce fresco direttamente dalla paranza e lui si raccomandava con me, dicendomi che non mi dovevo preoccupare se il prezzo era alto ma solo della freschezza del pesce. Gli comperavo delle triglie grandi e freschissime ma avevo timore nel dirgli il prezzo, tanto lo vedevo esagerato e gli chiarivo che non percepivo nessuna tangente nell’operazione, anche se questo termine è diventato famoso successivamente.

Un giorno venne a bordo più triste del solito e mi disse che meditava di vendersi tutto e andarsene dal Porto. Gli chiesi quale fosse il motivo di tale risentimento e lui rispose che già un paio di volte aveva detto a Rosolia, la sua cuoca, di togliere le teste alle triglie prima di servirle a tavola perché quell’occhio bianco e rinsecchito dal calore gli faceva perdere quel poco di appetito che aveva. Rosolia non rispondeva e la volta successiva riproponeva le triglie a tavola sempre con le teste. Quella sera l’Architetto si era incavolato ed aveva sgridato Rosolia perché per l’ennesima volta non aveva ubbidito.

Rosolia rispose, alzando la voce ancora più di lui, che non poteva buttare le teste delle triglie perché erano la parte migliore del pesce e nel contempo aveva preso una triglia con le mani, ne aveva staccato la testa con decisione e se l’era infilata in bocca masticandola in faccia all’architetto insegnandogli così come si mangiano le triglie, poi voltò le spalle e se ne andò lasciando sbigottito il povero architetto. Io dovetti simulare una stizzosa tossicina per evitare di ridere sonoramente perché conoscendo Rosolia, immaginai la comicissima scena.

Una volta aveva degli ospiti a casa che ogni giorno portava a mare e mi diceva di far loro visitare le zone più belle della costa badando di farli divertire. Io ci tenevo a fare bella figura ed organizzai visite alle grotte, pesche subacquee nelle zone più belle, veleggiate stupende e picnic in spiagge irraggiungibili da terra. Tutti gli ospiti erano contentissimi e mi riempivano di complimenti, tranne una bella ragazza che aveva più o meno la mia età, tutte le cose che facevamo non suscitavano in lei nessuno entusiasmo. Gli chiesi pure se avesse delle preferenze ma scosse il capo per dirmi di no.

Anche l’Architetto aveva notato che questa ragazza non si divertiva e mi chiese se ne avessi scoperto il motivo e alla mia risposta negativa mi disse: “ Bimbo, dobbiamo prendere dei provvedimenti, questa sera vestiti bene e vieni a casa mia , ti fermi un poco a parlare con noi e poi chiedi sia alla ragazza che al padre il permesso di uscire con lei per condurla nella discoteca del Santavenere”.

Logicamente il tutto a spese sue. A me è preso un mezzo accidente perché non sapevo come comportarmi, rifiutarmi sarebbe stato scortese e inopportuno, era una ragazza bella e ricca, ma io non avevo la sfacciataggine di invitarla in quel modo e poi cosa dovevo fare in caso di rifiuto? Sarei rimasto stecchito. Mi disse inoltre che nel caso la ragazza avesse accettato, non dovevo fare il galletto ma avere un comportamento educato e non invadente essendo la prima uscita insieme, lui avrebbe garantito per me davanti al padre. Si fece subito sera e nessuno dei pantaloni che avevo mi sembravano adatti e nemmeno le magliette si abbinavano, tantomeno le scarpette. Rivoltai casa e litigai con mia madre che non capiva tutta quell’agitazione.

Andai infine al Porto nella boutique dove c’era Liliana, una mia amica e la pregai di darmi un pantalone decente ed una maglietta aderente in sintonia col pantalone. Mi fece la piega al pantalone seduta stante, anche se provvisoria, e mi abbinò una maglietta di marca che mi stava benissimo. Gli promisi che l’avrei pagata al più presto, la ringraziai e mi andai a fare gli ultimi ritocchi a casa. Ne uscii con i capelli bagnati e con il cuore che voleva uscirsene dal petto. Arrivai un paio di volte vicino la porta ma me ne tornai, una volta mi sembrava troppo presto, un’altra mi ero dimenticato cosa dire, infine mi feci coraggio e bussai.

Mi aprì Rosolia e mi condusse nel salotto dove c’erano tutti, accennai ad un sorriso, dissi buona sera e mi sedetti vicino l’Architetto. Da come mi guardavano divertiti capii che l’architetto mi aveva spianato la strada, facemmo un po’ di conversazione e poi, visto che non accennavo all’invito fu lui a dire che sulla barca avevo espresso il desiderio di uscire con la ragazza ed era una buona idea perché quella sera in discoteca c’era una festa simpatica.

Sia il padre che la ragazza acconsentirono e dopo poco uscimmo insieme. Che emozione, me la mangiavo con gli occhi tanto era bella e ben vestita. Per prima cosa la convinsi a fare un giro sul Porto per farmi vedere dagli amici e poi andammo alle “Ginestre”,la discoteca del Santavenere che era bellissima. Quella sera feci bella figura perché conoscevo un paio di ragazzi del complesso musicale che suonavano dal vivo, “I Lupi” si chiamavano e la ragazza si liberò dal magone e si divertì un sacco. La riportai a casa che erano le due passate e dalla discoteca fino ai gradini di casa la condussi per mano, la salutai dandogli un bacio sulla guancia, le luci in casa dello architetto erano ancora accese.

Passai quattro o cinque anni a bordo della Castrocucco, anni che ricordo con grande piacere perché mi hanno maturato e mi hanno dato modo di fare esperienze bellissime e conoscere e frequentare personaggi di primo piano.Anche i miei genitori erano contenti perché quando gli raccontavo le mie esperienze mi dicevano sempre un proverbio “Mettiti sempre con quelli migliori di te e fanne anche le spese”.

Un giorno, mentre navigavo speditamente con la Castrocucco verso Punta degli Infreschi, Giorgio Bassani intimò di fermarmi. Preoccupato fermai la barca e gli chiesi cosa fosse successo e lui mi disse che non poteva rispondermi, anzi, dovevo stare zitto perché doveva comporre. Anche l’Architetto restò meravigliato ma non replicò subito, dopo un poco lo scrittore mi disse che potevamo riprendere il viaggio. Arrivati in una baia a Punta degli Infreschi, ancorai la barca, misi la scaletta in mare e dissi agli ospiti che chi voleva poteva scendere in acqua. Scesero in acqua tutti, tranne io, l’Architetto e Giorgio Bassani.

A questo punto l’Architetto si rivolse allo scrittore e gli chiese il motivo per cui aveva fatto fermare la barca in mezzo al mare. Lui gli rispose che era una questione di musa ecc. ecc. L’Architetto, con aria paterna replicò: “Vedi Giorgio, coi “Giardini dei Finzi Contini, hai composto il tuo capodopera, ora, come tutti gli scrittori ti tocca fare le “opere minori”, quindi lascia stare la musa e facci navigare in pace“. Malgrado il tono scherzoso usato dall’Architetto al Bassani non piacque molto quel suo dire e se ne stette per parecchio tempo da solo e pensoso seduto sulla barca.

L’Architetto durante i mesi invernali soleva tenere la barca in un cantiere di Salerno dove faceva fare la manutenzione al motore e tutti i lavori di rimessaggio. Io ero l’incaricato sia del viaggio di andata che del ritorno nonché della assistenza ai lavori in cantiere. Logicamente trasformavo questi trasferimenti in mini crociere, tanto era il divertimento che provavo nel navigare e spesso portavo con me degli amici coi quali dividevo lavoro e divertimento, tutto a spese dell’Architetto che in queste occasioni era brillante.

Il mio cruccio con l’Architetto stava nel fatto che quando veramente c’era il vento forte per navigare a vela, lui non voleva uscire perché soffriva di mal di mare e diceva che il suo sogno era: “ Vento forte e mare calmo “, evento che si verificava solo raramente.L’evento che invece lo contrariò moltissimo e che gli fece cadere dal cuore Maratea fu che dopo il 15 di agosto, la sua casa fu invasa da una grande puzza di olio fritto. Al Porto il 15 agosto l’Azienda di Soggiorno e Turismo organizzava la “Sagra del Pesce“ e proprio sotto la casa dell’Architetto, sul molo, venivano impiantate tre grandi padelle nelle quali veniva fritto una enorme quantità di calamari, gamberi e alici, pesce che veniva distribuito gratuitamente ad un gran numero di turisti appositamente convenuti.

Alla fine della festa, la notte, puntualmente qualche cervellone ubriaco versava sull’asfalto l’olio di una o più di queste padelle. Quest’olio emanava, nei giorni successivi, e sempre con più intensità una puzza tremenda che la brezza diffondeva verso le case vicine. Quella brezza che era il vanto della casa dell’Architetto diventò quindi diffusore di una grande e insopportabile puzza che durava tutto il resto dell’estate.Malgrado le denunce fatte, ciò accadde anche gli anni successivi e quindi l’architetto fu costretto ad andarsene dopo ferragosto facendo diventare i suoi ritorni sempre più radi.

 

No votes yet.
Please wait...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *